Dal 2018 ad oggi, i cosiddetti “femminicidi”, in Italia, sono calati del 39,4% passando da 71 a 43. Sono poche decine l’anno, in accentuata e costante diminuzione dal dopoguerra ad oggi, come lo sono gli omicidi in generale, collocando l’Italia stabilmente agli ultimissimi posti relativamente alla violenza in generale e alla violenza di genere in particolare.
Se nel complesso gli omicidi in Italia sono poco superiori alle 300 unità, i suicidi invece sono più di dieci volte tanto, ovvero intorno ai 4000. Nonostante questo, nessuno parla di “emergenza nazionale suicidi” e l’Italia rimane anche qui uno dei paesi più virtuosi, vantando un tasso pari alla metà della media europea.
I dati Istat a nostra disposizione si fermano al 2020 e gli omicidi di donne in quell’anno sono 116 di cui 63 considerati “femminicidi”. Secondo lo studio di Eurispes, condotto sulle fonti dello stesso Istituto, gli uomini separati o divorziati suicidatisi nello stesso anno sono 138, ovvero più di tutte le donne assassinate nello stesso annoe oltre il doppio dei “femminicidi”. Negli anni precedenti, i dati sono del tutto simili. Tra i soggetti in questione si registra una crescente vulnerabilità e il rischio aumenta di ben 15 volte rispetto alla media. In Alto Adige, la regione coi dati più negativi, il tasso generale è il triplo rispetto alla Campania, che vanta i dati più positivi, ed il doppio rispetto alla media nazionale.
Dunque, da una parte abbiamo un allarmismo sproporzionatorelativo alla cosiddetta “emergenza nazionale femminicidi”, non supportata dai dati reali ma quasi esclusivamente dalla propaganda, mentre dall’altra abbiamo numeri ben più allarmanti relativi ad un fenomeno per lo più taciuto.
A parte il fatto che gli uomini uccidono maggiormente, come si suicidano di più, perché quelli separati o divorziati lo fanno 15 volte tanto?
Con ogni evidenza, questo dipende dal fatto che la condizione economica causata dalla separazione porta ad una precarietà economica estrema. Un uomo divorziato si trova, in oltre il 90% dei casi, a dover mantenere i figli, perdendo la casa e dovendo sostentare una famiglia a distanza fino al raggiungimento dell’indipendenza economica della prole stesse (in Italia stimabile anche attorno ai 30 anni) e senza la possibilità di accedere a mutui per poter iniziare una nuova vita. E per la legge questo accade anche quando il divorzio è causato esclusivamente dalla volontà o dal comportamento della moglie. Sempre per la legge, se ad una donna è concesso non riconoscere il figlio appena partorito rinunciando alla maternità (è stata varata per limitare gli infanticidi commessi principalmente da donne), l’uomo sarà invece chiamato a rispondere della paternità anche a distanza di decenni attraverso l’esame del dna.
Secondo la Caritas, dei 4 milioni di padri separati, 800.000 vivono sulla soglia di povertà e quasi il 50% degli assistiti dall’organizzazione umanitaria è rappresentato da questa categoria.
E, per fortuna, che la nostra è una Nazione patriarcale!
Andreas Perugini
Raffaella Casari
articolo pubblicato su Il Detonatore e censurato dal quotidiano Alto Adige (risposta in privato del direttore: "Non è una gara"
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