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- Femminicidi o suicidi?
Dal 2018 ad oggi, i cosiddetti “femminicidi”, in Italia, sono calati del 39,4% passando da 71 a 43. Sono poche decine l’anno, in accentuata e costante diminuzione dal dopoguerra ad oggi, come lo sono gli omicidi in generale, collocando l’Italia stabilmente agli ultimissimi posti relativamente alla violenza in generale e alla violenza di genere in particolare. Se nel complesso gli omicidi in Italia sono poco superiori alle 300 unità, i suicidi invece sono più di dieci volte tanto, ovvero intorno ai 4000. Nonostante questo, nessuno parla di “emergenza nazionale suicidi” e l’Italia rimane anche qui uno dei paesi più virtuosi, vantando un tasso pari alla metà della media europea. I dati Istat a nostra disposizione si fermano al 2020 e gli omicidi di donne in quell’anno sono 116 di cui 63 considerati “femminicidi”. Secondo lo studio di Eurispes, condotto sulle fonti dello stesso Istituto, gli uomini separati o divorziati suicidatisi nello stesso anno sono 138, ovvero più di tutte le donne assassinate nello stesso annoe oltre il doppio dei “femminicidi”. Negli anni precedenti, i dati sono del tutto simili. Tra i soggetti in questione si registra una crescente vulnerabilità e il rischio aumenta di ben 15 volte rispetto alla media. In Alto Adige, la regione coi dati più negativi, il tasso generale è il triplo rispetto alla Campania, che vanta i dati più positivi, ed il doppio rispetto alla media nazionale. Dunque, da una parte abbiamo un allarmismo sproporzionatorelativo alla cosiddetta “emergenza nazionale femminicidi”, non supportata dai dati reali ma quasi esclusivamente dalla propaganda, mentre dall’altra abbiamo numeri ben più allarmanti relativi ad un fenomeno per lo più taciuto. A parte il fatto che gli uomini uccidono maggiormente, come si suicidano di più, perché quelli separati o divorziati lo fanno 15 volte tanto? Con ogni evidenza, questo dipende dal fatto che la condizione economica causata dalla separazione porta ad una precarietà economica estrema. Un uomo divorziato si trova, in oltre il 90% dei casi, a dover mantenere i figli, perdendo la casa e dovendo sostentare una famiglia a distanza fino al raggiungimento dell’indipendenza economica della prole stesse (in Italia stimabile anche attorno ai 30 anni) e senza la possibilità di accedere a mutui per poter iniziare una nuova vita. E per la legge questo accade anche quando il divorzio è causato esclusivamente dalla volontà o dal comportamento della moglie. Sempre per la legge, se ad una donna è concesso non riconoscere il figlio appena partorito rinunciando alla maternità (è stata varata per limitare gli infanticidi commessi principalmente da donne), l’uomo sarà invece chiamato a rispondere della paternità anche a distanza di decenni attraverso l’esame del dna. Secondo la Caritas, dei 4 milioni di padri separati, 800.000 vivono sulla soglia di povertà e quasi il 50% degli assistiti dall’organizzazione umanitaria è rappresentato da questa categoria. E, per fortuna, che la nostra è una Nazione patriarcale! Andreas Perugini Raffaella Casari articolo pubblicato su Il Detonatore e censurato dal quotidiano Alto Adige (risposta in privato del direttore: "Non è una gara"
- Cosa sono esattamente i radical-chic
I radical chic in Alto Adige amano utilizzare il termine cacofonico “Sudtirolo" anziché "Alto Adige" perché "Alto Adige" (termine coniato dai Francesi nel periodo napoleonico) a loro dire sarebbe fascista. I più raffinati usano il termine "Alto Adige/Südtirol” sostenendo che quella sia la denominazione ufficiale della provincia. Peccato solo che in tedesco nessuno dica "Alto Adige/Südtirol" e neppure "Südtirol/Alto Adige", ma semplicemente “Südtirol". In Italiano, parimenti, è corretto dire "Alto Adige" e lo Statuto di Autonomia ne definisce la parità. La barra obliqua (lo slash) internazionalmente si utilizza come separazione fra diverse alternative. I due termini si possono utilizzare ufficialmente in alternativa e non devono essere utilizzati contemporaneamente come credono i radical chic bramosi di prostrarsi culturalmente alla minoranza tedesca che poi qui in Alto Adige è maggioranza al governo dal dopoguerra ad oggi. E sempre in Alto Adige a proposito del leggere senza capire una mazza, un noto opinionista radical chic come da copione ossessionato dal fascismo, è assurto alla ribalta delle cronache nazionali per aver "insultato la Meloni da insegnante" (cosa per altro non vera). In un'intervista ad un giornalista si professava ammiratore di Ennio Flaiano che veniva da lui definito suo "maestro". Ecco, Flaiano appunto, quello de "In Italia ci sono due tipi di fascismo: il fascismo e l’antifascismo”. I radical chic rappresentano, per così dire, la quinta colonna della borghesia progressista all’interno di una Sinistra da loro monopolizzata. Ma chi sono? Il termine è stato coniato negli USA, nel 1970, per etichettare certi rappresentanti della borghesia bianca di Sinistra che simpatizzavano per le Pantere Nere. Naturalmente, in Italia, se oggi viene utilizzata questa etichetta, lo si fa fuori da quel contesto originario. La Treccani cita questo termine perché “riflette il sinistrismo di maniera di certi ambienti culturali d’élite, che si atteggiano a sostenitori e promotori di riforme o cambiamenti politici e sociali più appariscenti e velleitari che sostanziali”. Non c’è più un riferimento particolare alla reale disponibilità economica, ma va detto che certamente nessuno di questi è un operaio e, se non vive in quartieri borghesi, agogna di farlo aborrendo decisamente la prospettiva di stare in mezzo al popolo. Precisamente, egli lo disprezza e, infatti, i suoi rappresentanti sono riusciti ad usare il termine “populista”, nato per descrivere la Sinistra russa pre-sovietica, come sinonimo di “demagogo” e come offesa rivolta ai politici di Destra. Preferiscono decisamente dimenticare che un grande presidente italiano populista fu Sandro Pertini. Hanno letteralmente stravolto il significato originario del termine, sottolineando così la loro inclinazione al voler recidere le radici che li collegavano alle masse. Non hanno però cancellato il resto dei loro legami, per esempio quelli con lo stalinismo. Infatti, mantengono viva la vocazione per manettee rieducazione. Come dimostrato recentemente da Bonelli (alleanza Verdi-Sinistra), che ha presentato un disegno di legge per l’introduzione del reato di “negazionismo climatico”, sono così visceralmente intolleranti da invocare la sanzione per reprimere chiunque non condivida le loro deliranti opinioni e ossessioni. Recentemente quelli, per così dire, più ambiziosi, sono arrivati ad accarezzare l’idea del superamento del suffragio universale e dell’introduzione della scheda elettorale a punti. Poiché il popolo ignorante vota a Destra, bisogna superare la balzana idea illuminista che le urne siano diritto universale. Per contrastare il fascismo dilagante (una loro tipica ossessione, appunto), sognano la restaurazione dell’ancien régime. Alcuni si spingono a teorizzare l’idea che tale diritto vada vincolato al titolo di studio o, almeno, ad un esame di cultura generale. Altri, addirittura, immaginano che la possibilità di procreare figli debba avere un vincolo simile. Sei troppo ignorante? Non hai un conto corrente adeguato? Vai sterilizzato! E qui, evidentemente, si va oltre non solo al fascismo, ma pure all’ancien régime. Secondo tali statalisti, il moloch amministrativo ha il pieno diritto di metterti non solo le mani in tasca, ma anche addosso. Lo abbiamo visto con la gestione dell’emergenza pandemica: per il bene collettivo, lo Stato ti può togliere i tuoi diritti fondamentali e vaccinarti in modo coercitivo. I radical-chic allora berciavano: “Mi divertirei a vederli morire come mosche” (Andrea Scanzi); “I cani possono sempre entrare. Solo voi, come è giusto, resterete fuori” (Sebastiano Messina); “Vagoni separati per non vaccinati” (Mauro Felicori); “Verranno messi agli arresti domiciliari, chiusi in casa come dei sorci” (Roberto Burioni); “Vorrei un virus che ti mangia gli organi in dieci minuti riducendoti a una poltiglia verdastra che sta in un bicchiere per vedere quanti inflessibili no-vax restano al mondo” (Selvaggia Lucarelli); “Lo Stato dovrà decidere di prendere un po’ di persone per il collo e farle vaccinare” (Lucia Annunziata)… ecc., ecc – troppo lungo l’elenco delle citazioni. In Italia, il più grande quotidiano radical chic (tecnicamente della Sinistra Progressista) è “La Repubblica”. Questo vanta come direttore Maurizio Molinari, uno che, in modo sempre pacatissimo, esprime però concetti assolutamente aberranti come quelli contro i no-vax, che vanno incarcerati come terroristi e le armi italiane in Ucraina che salvano vite. D’altra parte ha sostituito il fondatore Eugenio Scalfari che, da vero ex fascista iscritto al PNF e uomo di vocazione monarchica, si è reinventato guru dei radical chicfondando un quotidiano che si rifà alla repubblica fin dal nome. Si può certo cambiare idea, ma lui non ha mai mutato la sostanza reazionaria, come si evince da questa intervista concessa negli ultimi suoi anni di vita: “I poveri hanno solo bisogni primari” (https://www.youtube.com/watch?v=D_ADpBw5DmU), specie di inno allo snobismo. I radical chic sono letteralmente ossessionati dal fascismo, ma non lo sanno riconoscere neppure per sbaglio. Per combattere quello del Ventennio, sono pronti a realizzare la democrazia 2.0 che poi è la stessa cosa del fascismo 2.0: un benestante regime capitalista privo di libertà, diritti e democrazia, in cui l’individuo va sacrificato al bene comune della collettività (concetto alla base di qualsiasi autoritarismo). Il modello è quello della moderna Cina. Mentre appoggiano la guerra in Ucraina e tacciono sul genocidio palestinese, sbraitano di saluti romani e di mettere fuori legge i partiti e gruppi fascisti: “Il fascismo non è un’opinione, è un reato” (siamo sempre lì!) e citano la Costituzione come fanno i cattolici con la Bibbia, senza averla mai letta. Si fidano di quello che gli raccontano dai pulpiti della politica i loro sacerdoti laici. Peccato che la Costituzione non riporti in nessun passaggio quello che loro ottusamente sostengono. Le famose disposizioni transitorie e finali, che servivano per il passaggio dalla costituzione monarchica a quella repubblicana, dicono solo che è vietata la ricostituzione del PNF e, per 5 anni, la candidatura dei “capi”. Perso il supporto della Costituzione, iniziano quindi ad invocare la Legge Scelba: Scelba, uno che di comunisti veri ne ha fatti ammazzare a centinaia. I radical chic sono convinti di essere antropologicamente superiori agli altri, culturalmente e moralmente. In realtà, leggono poco, studiano poco e, soprattutto, anche se lo fanno, capiscono meno di niente. Sono convinti di sapere e non sanno. Sono persuasi che il popolo bue sia disinformato e nutrito dalle fake news lette sui social network, mentre si rivolgono ai media mainstream, leader nella divulgazione di falsità (una per tutti: le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein). Per questo motivo credono fermamente nella super fake dell’emergenza nazionale femminicidi e dell’esigenza di una rieducazione del maschio italico. (https://www.ildetonatore.it/2020/10/14/lindagine-femminicidio-e-infanticidio-i-dati-reali-contro-la-propaganda-di-andreas-perugini/). I radical chic sono devoti, non nella vecchia religione, ma di quella nuova: la Scienza. “Credono nella scienza” ignorando che il metodo scientifico non presuppone alcun atto di fede e che il credere è proprio dei culti, mentre sul dubbio si basa la ricerca. Hanno semplicemente sostituito un totem con un altro e obbediscono a un nuovo clero di scienziati interpreti della parola di questo essere senziente ed onnipotente. Lo zerbinismo culturale è lo sport più praticato da codeste figure. Per questo sono campioni assoluti di cancel culture. I termini vanno continuamente manipolati o direttamente cancellati, per aggiornarli alle nuove esigenze e assecondare anche le istanze più assurde delle minoranze. Ma più che un genuino sentimento di rispetto (cosa evidente proprio nella gestione pandemica), questo atteggiamento nasce dal disprezzo del popolo e della sua cultura. Essi non amano particolarmente gli stranieri ma, semplicemente, disprezzano gli Italiani. Vorrebbero riplasmarli, possibilmente sostituirli. Sono quindi a favore di un’immigrazione incontrollata. Sostengono un modello di sviluppo in cui l’Italia esporta centinaia di migliaia di giovani laureati, per importare africani sotto-scolarizzati che vanno a fare da schiavi nei campi di pomodori. La scusa è che, come affermato sistematicamente dai vari leader della sinistra, “Gli immigrati servono all’economia e ci pagano le pensioni”. Con buona pace di tutti gli ideali progressisti e di sinistra. In un sol colpo hanno, così, masse prive di coscienza da sfruttare e le mettono in concorrenza sleale con le fasce più deboli della popolazione italiana – questo particolare fenomeno di auto-razzismo si definisce oicofobia. Per concludere, i radical chic in Italia hanno il quasi monopolio dell’intellighenzia ed occupano praticamente tutti i gangli delle istituzioni soprattutto culturali e del potere. Avendo ripudiato le proprie radici socialiste, per abbracciare le istanze del globalismo più sfrenato (ma non lo ammetteranno mai, professandosi piuttosto “progressisti”, come da scuola Scalfari), rappresentano oggi un baluardo di questa supremazia ideologica. Sono, naturalmente, anti sovranisti (“sovranista” is the new “fascista”), quando invece il PCI era sovranista ed anti atlantista (ricordate il vecchio motto cubano, sotto l’effige di Che Guevara, “Patria o muerte!”?). Se un tempo c’erano i no-global, ora loro sono il nuovo fronte pro-globalizzazione. Teorizzano la fine dei confini sostenendo un concetto astratto che non esiste nella storia, nella geografia e neppure in natura, sapendo perfettamente che così lasciano libere di scorrazzare le multinazionali e che i confini proteggono i più poveri che, comunque, loro disprezzano. Se un tempo l’intellettuale di Sinistra mostrava il pugno chiuso o sventolava anche provocatoriamente la bandiera del nemico, oggi, nei salotti TV in cui si sono accomodati i rappresentanti dell’intellighenzia, si appuntano al petto la spilletta dell’Ucraina e gli artisti dal palco proclamano “Fuck Putin!”, dicendo solo un po’ più scurrilmente quanto sostiene già la von der Leyen a Bruxelles – ciò significa non avere alcun modello antagonista, sia pur imperfetto, da contrapporre al nostro che è vocato all’atlantismo, oltre al progressivo smantellamento dello stato sociale e della cultura europea. I radical chic che egemonizzano la sinistra sono i principali responsabili della totale deriva di questa area politica che, in tutte le sue contraddizioni, comunque ha garantito lo sviluppo della nostra società o, meglio, della nostra civiltà. pubblicato su Il Detonatore
- I femminicidi sono in costante calo
MALGRADO IL CASO DI GIULIA, I FEMMINCIDI SONO IN CALO Puntualmente, ci risiamo. Il caso del momento è l’omicidio di Giulia Cecchettin da parte di Filippo Turetta. I media hanno subodorato il sangue della vittima una settimana prima e hanno professionalmente preparato il terreno per la loro morbosa speculazione, accerchiando la casa della famiglia o la scuola di provenienza. Così una tragedia famigliare è divenuta nazionale e un caso criminale la dimostrazione di un fenomeno globale. Ma non è così! Va detto preliminarmente che il neologismo “femminicidio” è stato anch’esso storpiato dai media, rispetto a quando fu coniato, arrivando, in sostanza, a includere tutti gli omicidi di donne compiuti da uomini, quando inizialmente indicava solo quelli che rappresentano l’ultimo atto di violenza di un uomo perpetrato in un contesto culturale patriarcale. Difficile pensare che svuotare le parole di senso possa portare beneficio alla causa. Ma tant’è. Come si diceva, il caso singolo viene strumentalizzato per distorcere la realtà dei fatti e del quadro nazionale del fenomeno. Siamo ben lungi dal rappresentare un’emergenza nazionale o una deriva culturale o ancora peggio l’esigenza di dover rieducare un intero genere, quello maschile, colpevolizzandolo in toto, esercitando quindi qui sì una violenza sociale, culturale e psicologica, intollerabile. Se andiamo ad analizzare i numeri scopriamo, infatti, che il quadro della situazione, al di là delle speculazioni dei media e delle istituzioni al traino, all’insegna del motto “pianga, pianga qui nel microfono!”, dipingono una situazione tutt’altro che allarmante. I cosiddetti “femminicidi” in Italia sono ai minimi storici e questo Paese è uno di quelli, al mondo, in cui se ne verificano di meno in assoluto. Ecco la verità vera, al di là delle fake news mainstream politicamente corrette e di quelle istituzionali. Anche quest’anno il già esiguo numero assoluto registra una contrazione. A oggi, nel 2023, contiamo 39 vittime. Nel 2022, ne abbiamo registrate 57. Nel 2018, furono 71. In 5 anni (lasso di tempo sensato per trattare numeri assoluti così esigui), registriamo un calo significativo di oltre il 20%. Ma i “femminicidi” sono un sottoinsieme degli omicidi di donne e degli omicidi in generale che seguono andamenti simili. 101 sono tutte le donne uccise nel 2023. 124 quelle uccise nel 2022. Nel 2018, furono 130. La curva statistica del fenomeno criminale è costantemente in discesa da decenni e gli attuali numeri assoluti sono così ridotti che un singolo episodio statisticamente può incidere notevolmente. Si pensi che basterebbe una strage scolastica “all’americana” per stravolgere il dato, con uno straordinario +10%. Ma si potrebbe dire di più: è normale vi sia, in ogni società sana, una certa percentuale endemica di criminalità. La totale assenza, piuttosto, desterebbe allarme. Solo entro strutture sociali fortemente autoritarie o distopiche si potrebbe spiegare un tale fenomeno. Recentemente si sono registrati un paio di infanticidi (uno ogni due settimane). Si tratta di una tipologia di omicidio particolarmente efferata, che vede spesso le donne come protagoniste, ovvero assassine, ma nessuno si è mai sognato di dire che queste, nel loro complesso, andrebbero rieducate alla maternità o che dovrebbero fare mea culpa in quanto donne. Vi rendete conto di cosa succederebbe se solo qualcuno provasse a fare questa considerazione? Anzi, spesso a prevalere è una certa tendenza assolutoria: la donna carnefice muta istantaneamente in vittima incompresa e non supportata sufficientemente dalla famiglia o dalla società. Con l’uomo assassino, invece, il disagio mentale o l’emarginazione sociale lasciano spazio al regime del patriarcato: egli uccide sempre perché agisce machisticamente in suo nome. La donna, al contrario, ammazza i figli perché vittima di esso. Bisogna essere consapevoli di queste storture mediatiche che alimentano anche le istituzioni e mantenere una certa lucidità analitica. Sarebbe il caso di ripudiare la morbosità mediatica che mette in pasto alla Nazione quelle che dovrebbero rimanere quanto più possibile tragedie famigliari. E dovrebbe, da un punto di vista etico, essere rigettata la tendenza attuale al volere colpevolizzare un intero genere per i crimini commessi da pochi, pochissimi, spostati o disagiati mentali. Filippo Turetta va severamente condannato, ma i ragazzi, gli uomini in generale, vanno lasciati in pace. Non devono rispondere dei crimini altrui e non devono affatto essere rieducati da famigerati esperti di niente, dopo processi mediatici sommari all’insegna del pensiero unico politicamente corretto. articolo pubblicato da: www.ildetonatore.it fonte dati: https://femminicidioitalia.info approfondimento: https://www.ildetonatore.it/2020/10/14/lindagine-femminicidio-e-infanticidio-i-dati-reali-contro-la-propaganda-di-andreas-perugini/ articolo originale: https://www.ildetonatore.it/2023/11/22/malgrado-il-caso-di-giulia-i-femmincidi-sono-in-calo-di-andreas-perugini/?fbclid=IwAR0_Mjzc77douWBUSYmTCpM368k7jUcSJBAJ3fl3jCLyvy1Ek1HjMaENI9M
- Il terrorismo e le leggi della storia
Il terrorismo e le leggi della storia 17 agosto 2014 alle ore 17.50 In Ungheria Attila, per noi il flagello di Dio, è eroe nazionale e Vlad l’Impalatore (il Conte Dracula), difensore della cristianità, è venerato come eroe popolare in Romania. “Quando Giuseppe Mazzini nella sua solitudine, nel suo esilio, si macerava nell’ideale dell’Italia unita ed era nella disperazione di come affrontare il Potere, lui, un uomo così nobile, così religioso, così idealista, concepiva e disegnava e progettava gli assassinii politici. Questa la verità della storia. E contestare a un movimento che voglia liberare il proprio Paese da un’occupazione straniera [l’OLP- ndr] l’uso delle armi significa andare contro le leggi della storia.” [Bettino Craxi - discorso in parlamento dopo l'invito di Arafat, leader dell'OLP accusato di terrorismo] E come avrebbero definito e considerato Giuseppe Garibaldi, l’Eroe dei due Mondi, e le sue Camicie Rosse, i reggenti del florido Regno delle Due Sicilie se fossero riusciti a respingere la sua spedizione dei Mille? Come ancora oggi consideriamo il fenomeno del brigantaggio meridionale e come la resistenza partigiana che durante la guerra veniva definita "banditismo"? In Alto Adige, dove vivo, l'eroe "nazionale" è Andreas Hofer, che si oppose alle truppe napoleoniche e fu fucilato a Mantova. Cesare Battisti, per gli Italiani eroe dell'irredentismo, fu impiccato dagli Austriaci come disertore e traditore. La storia non la scrivono i vinti ed è per questo che oggi consideriamo eroi i terroristi e terroristi gli eroi.
- Non credo a niente, ma so alcune cose
Sovranismo e populismo sono concetti nobili. Io sono sovranista e populista "L'emergenza nazionale femminicidi" è una fakenews I sedicenti "moderati" sono i più fanatici di tutti I governi e i media mainstream sono i più grandi divulgatori di fakenews L'emergenza pandemica si basa su dati sistematicamente manipolati Sono così antifascista, ma così antifascista, che sono anti-antifascista! Destra e Sinistra, Estremista e Moderato non significano più nulla
- Mi candido nel gruppo Italexit della lista Enzian
Vi spiego in poche parole perché mi sono candidato nelle liste di Enzian. Sono un populista ed un sovranista nel senso buono ed autentico di questi due nobili termini che nulla hanno a che fare con la distorsione di significato imposta dai radical-chic che aborro decisamente. Da un anno appoggio Italexit che ho votato alle politiche alla Camera. Al Senato ho invece votato Italia Sovrana e Popolare. Se avessi potuto esprimere un altro voto avrei votato anche Vita. Come tutti saprete, le elezioni sono andate male per tutte le forze antisistema, che anche a causa del trucco delle elezioni anticipate a settembre hanno imposto una campagna elettorare assurda ad agosto. Per farla breve, il fronte antisistema è arrivato frammentato al voto ed è stato spazzato via. Non solo non sono entrate nuove forze, ma pure quelle esigue già presenti in Parlamento sono state cancellate. È stata una debacle. Siccome, come diceva Rousseau, non vivo ancora nella foresta con gli orsi, ritengo che avere un minimo di opposizione nel sistema sia assolutamente necessario. Per quanto abbia gioito della vittoria di Fratelli D'Italia che ha mandato all'opposizione Pd e Cinquestelle (e superato l'aberrante parentesi Draghi) non penso che FdI possa garantire i nostri diritti per il futuro. È già tanto se ha interrotto la spirale della discriminazione di Stato messa in atto da Conte, Draghi e dal Pd, ma alla conversione totale marca ormai poco. Un'opposizione e una rappresentanza politica è dunque necessaria nelle istituzioni anche se questo comporta, come ovvio, parecchi compromessi, come quello di candidarsi in una lista dove non mi posso necessariamente rispecchiare. Mi candido nel gruppo di Italexit nella lista di Enzian perché Enzian è l'unica forza presente in Consiglio Provinciale che ha dimostrato sul campo di difendere i principi fondamentali a cui aderisco e i diritti delle persone discriminate istituzionalmente. È anche la forza politica che ha permesso a Vita di partecipare alle elezioni politiche in Alto Adige. NON ENTRERO' IN ALCUNA POLEMICA CON LE FORZE POLITICHE E I MILITANTI FREEVAX CHE HANNO FATTO SCELTE DIVERSE DALLA MIA. Andreas Perugini, nato in Svizzera nel 1972. Risiede a Bolzano da quando aveva 6 anni. Dopo il Liceo Scientifico si è diplomato alla scuola di documentario Zelig ed ha frequentato Sociologia, indirizzo Comunicazione e mass media. Appassionato di musica e di cinema con una particolare passione per il cinema muto. Dagli anni ’90 lavora come libero professionista. È documentarista ed autore di videoclip musicali e video industriali. È presidente del Cineforum Bolzano. In passato suonava in un gruppo di musica minimalista, i Croma, con cui ha pubblicato il disco Discromatopsia, e in un gruppo Hardcore. Per Harlock, ha dato alle stampe il saggio breve Oltre il Male, dallo stato di natura allo stato politico o di cultura. Dopo aver lavorato per anni sia come dipendente che con sue società nel settore televisivo e in quello delle produzioni audiovisive, attualmente si guadagna da vivere lavorando come rilevatore statistico per Istat/Astat e i principali operatori del settore. Politicamente i temi che lo coinvolgono maggiormente sono legati alla libertà di espressione e ai diritti come quelli negati durante l’emergenza pandemica e i diritti degli animali. Lo appassiona anche il contrasto alle fakenews che, come studiato all’università, sono diffuse in massima parte dai governi e dai media mainstream. Per l’Alto Adige ritiene si debba contrastare il caro casa, la microcriminalità dilagante e, soprattutto, il dissesto della Sanità. Lo slogan: meno stato etico, più stato sociale. NON CREDO A NIENTE, MA SO ALCUNE COSE Qui il comunicato stampa di Italexit Alto Adige
- La fake sulle fakenews di Facebook
In questi giorni sta girando questo grafico che promuove la solita campagna anti social-network portata avanti dai media mainstream. Premetto subito due cose: 1) Si tratta anche questa di una (mezza) fake 2) Le fake sui social network certmente esistono, ma i maggiori generatori di fake sono di gran lunga i governi e i media mainstream. Tutti i media di massa hanno diffuso nei giorni scorsi la velina militare della morte dell’ammiraglio russo. Lo hanno fatto , come sempre, senza verifica e pur sapendo che la propaganda è scontata in tempo di guerra. Il giorno dopo, dopo la smentita del Cremlino, hanno ammesso implicitamente di aver divulgato la potenziale fakenews senza verifica, ovvero i professionisti dell’informazione hanno ammesso di fare ciò che nel tempo libero fa la gran parte degli utenti di Facebook. Naturalmente tra i media di massa che hanno divulgato la velina c’era anche Open che funge da fact-checker e dice a Facebook cosa possono o non possono pubblicare gli utenti di FB. Questo accade fin dal primo giorno di guerra quando i media di massa all’unisono hanno divulgato le immagini dei carri armati russi che schiacciavano le auto a Kiev dove ormai tutti sanno i Russi non sono mai arrivati. Chi ha studiato sa che le fakenews sono DA SEMPRE divulgate in massima parte dai governi e dai mass media. Chi ha studiato sa anche che da sempre in stragrande maggioranza (pochissime eccezioni come Il Fatto o la Verità) i giornali italiani sono controllati in perenne perdita da gruppi imprenditoriali che evidentemente non li controllano per fare business con l’informazione, come sarebbe legittimo, ma li controllano per controllare l’opinione pubblica, il che è molto meno legittimo. La notizia che ha ispirato la tabella è questa: (agi.it) 1) Rapporto è, dunque, della Commissione Europea (organismo politico molto discutibile) e di scarso controllo democratico e scarsa trasparenza (vedasi contratti censurati stipulati con le farmaceutiche). 2) Fake sulla disinformazione sulla salute? Ricordiamoci che l'ISS, da quanto emerge dalle carte del processo di Bergamo ha manipolato sistematicamente i dati omettendo sistematicamente anche quelli sui danni avversi del vaccino 3) Facebook personalmente mi ha censurato anche un articolo del Fatto Quotidiano etichettandolo come fake quando elencava solo gli slogan di piazza. Insomma, si tratta di un grafico disegnato partendo da rapporto elaborato da un organismo POLITICO di GOVERNO come la Commissione Europea (che, come si diceva, evidenzia oggettivi elementi di scarsa democraticità, controllo e trasparenza), elaborato con il preciso scopo di giustificare l'azione di CENSURA che intende adottare l'Europa nei prossimi anni con l'entrata in vigore il Digital Services Act. Le testate giornalistiche mainstream hanno poi estrapolato arbitrariamente i numeri assoluti citati autoreferenzialmente dalla Commissione stessa per portare avanti la loro personale campagna contro i social network (con l'ennesima evidente mancanza di correttezza dei dati assoluti messi sullo stesso piano e senza spiegare come vengono dedotti). Questo la dice lunga proprio su come nascano le fakenews prodotte, appunto, dai governi e divulgate principalmente dai media mainstream. Naturalmente poi queste fakenews le leggiamo anche sui social sulle bacheche di chi è convinto che La Repubblica dispensi informazione.
- Sovranismo e populismo nel mondo e nella storia
Attraverso OpenAI ho fatto generare questo testo dal titolo sopra citato. Non ho apportato una sola modifica neppure grammaticale o sintattica. È perfetto così. Quindi, ne abbiamo la prova provata, l'intelligenza artificiale si conferma già come nettamente superiore alle sedicente intellighenzia radical chic che usa il termine "populista" come sinonimo di "demagogo" e come insulto per quelli di destra, ignorando che il movimento populista fu quello dei comunisti presovietici. Savranista era invece lo stesso PCI antiatlantista e la sinistra tutta "no-global" fino al G8 di Genova per poi fare il salto della barricata e difendere l'importazione di schiavi dall'Africa per pagarci le pensioni. Sovranista fu pure l'icona Che Guevara: "Patria o muerte!", mica pizza e fichi. Aggiungo al testo che il più grande populista italiano dal dopoguerra ad oggi è stato Sandro Pertini.
- Censura e sold out
Chi ci segue conosce la storia del Cineforum Bolzano iniziata nel 1952 e sa che da almeno trent'anni ormai dedichiamo particolare attenzione ai film scomodi, sgraditi al potere o a qualche potentato o semplice prepotente. Sa dunque che in passato abbiamo proiettato Panther distribuito dal Leonkavallo, Citizen Berlusconi quando Travaglio era stato bandito da tutte le televisioni del regno, Vaxxed sugli effetti avversi dei vaccini, Il Segreto di Italia sui crimini delle bande partigiane, HardTime la rassegna pornografica, Submission il film sotto fatwa che costò la vita al povero Theo Van Gogh. Quest'anno il Cineforum Bolzano ha avuto l'onore di proiettare ben tre film, documentari per l'esattezza, che proprio grazie al fatto che hanno subito tentativi di censura, hanno registrato un record di pubblico. E così abbiamo riempito la nostra sala come non capitava ormai da anni, lasciando pure fuori le persone. Abbiamo iniziato con C'era una volta in Italia il film di denuncia sul dissesto della sanità italiana dell'amico Federico Greco che conosciamo da anni e che è stato il nostro direttore artistico del festival Borderlands, terre di confine ma anche autore del piccolo mockumentary Un Gesto Di Inutile e Immotivata Gentilezza realizzato dal Cineforum coi ragazzi del Liceo Pascoli. Federico Greco è stato anche l'autore del documentario Piigs sull'Euro, record di incassi nel 2017. Oggi, praticamente ogni giorno, C'era una volta in Italia registra un "tutto esaurito" nel totale silenzio dei media mainstream nonostante Roger Waters (ex leader dei Pink Floyd) faccia da testimonial del film collegandosi in teleconferenza durante le serate di proiezione. Abbiamo quindi proseguito con il film L'Urlo di Michelangelo Severgnini. Qui addirittura, cosa mai successa prima, neppure con Submission c'è capitato di ricevere telefonate che ci "informavano" che l'autore era stato diffidato dal proiettare il suo film sgradito alle ONG in quanto ne denuncia l'attività di sfruttamento dei fenomeni migratori. L'Urlo non viene neppure distribuito dalla produzione che teme ritorsioni e Severgnini viene continuamente accusato di essere un fascista e al Festival di Napoli la proiezione è stata interrotta da facinorosi militanti di sinistra. L'ultimo film proiettato è stato Invisibili di Paolo Cassina. Si tratta del film sugli effetti avversi dei vaccini Covid. Bassetti sul film ha gridato allo scandalo sostenendo che lui "non è per la censura, ma..." ed in effetti il film viene bellamente ignorato dai media nonostante riempia sistematicamente le sale dove viene proiettato. Ed è questa la costante: più qualcuno vuole cercare di impedire la visione di un film al prossimo, in barba alla democrazia e alla libertà di parola, più la gente vuole assolutamente vedere questo film non accettando l'imposizione del prepotente di turno, istituzione o gruppo politico che sia. Ed è così che si fa. Tutte e tre queste opere non sono state accettate ai festival, tutte e tre per ora non sono state comprate dalle TV, tutti e tre i film vengono ignorati dai media mainstream dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse il bisogno, di quanto i giornalisti (fatte le dovute rare eccezioni) siano nel loro complesso conniventi e al servizio del potere. Questo ci riporta un dato di realtà: lo scarso grado di reale democrazia in cui versa l'Occidente. Ci siamo resi conto di essere molto meno liberi di quello che credevamo. A Federico, a Michelangelo e a Paolo quello che rimarrà per tutta la vita è di avere combattuto contro il sistema e di aver vinto collezionando un anno di proiezioni fantastiche con persone solidali con loro e partecipi della loro battaglia. Un anno che non sarebbe mai stato ripagato da qualche migliaio di euro di diritti televisivi. A noi del Cineforum rimane invece l'orgoglio di continuare a proiettare film sgraditi ai potenti e ai prepotenti.
- Tecnocrazia e scientismo. La deriva verso il “fascismo 2.0” delpensiero unico politicamente corretto
L’ANTIFASCISMO IN ASSENZA DI FASCISMO Dal dopoguerra ad oggi in Italia la Sinistra è andata avanti senza soluzione di continuità col tormentone del fascismo. Oggi i partiti che si rifanno all’ideologia fascista, sia pur con declinazioni antitetiche, sono Forza Nuova e Casa Pound. La prima ultra-conservatrice cristiana e tradizionalista, vicina al fascismo istituzionalizzato di massa, al fascismo dei Patti Lateranensi e delle Leggi Razziali. La seconda sociale, atea e movimentista, vicina ai periodi dello squadrismo e delle avanguardie degli albori e alla Repubblica Sociale del crepuscolo. Sono due forze politiche che assieme alle elezioni non arrivano all’1%. Peraltro i militanti delle due formazioni non si possono incontrare se non per prendersi letteralmente a schiaffoni. Come denuncia il Filosofo Fusaro, siamo in presenza di un antifascismo in assenza di fascismo. Il problema è però che per la Sinistra “fascista” non è mai stato solo chi si richiama al ventennio, bensì chiunque, in qualche modo, non condivida le sue idee. Per la Sinistra sei libero di esprimere le tue opinioni, purché non troppo distanti dalle loro. Per cui nella storia repubblicana italiana “fascisti”, di volta involta, per la Sinistra sono stati i democristiani, i socialisti, i berlusconiani, i leghisti e per ultimi i grillini. Per la Sinistra è fascista chiunque non condivida le sue balzane idee o la pensi un po’ troppo diversamente rispetto alle sue ferree convinzioni. Come scrisse genialmente Ennio Flaiano: “I fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti”. Per quanto mi riguarda io sono così antifascista, ma così antifascista, che sono anti-antifascista. LE RADICI DELLO STATO ETICO Questo vizietto autoritario dell’accusare gli avversari di fascismo non è solo un vecchio retaggio dello stalinismo ma, in realtà, è proprio radicato nell’ideologia del comunismo fin dal pensiero di Marx. Dalla teorizzazione del partito guida, della dittatura del proletariato, della feccia del sottoproletariato, all’avanguardia rivoluzionaria di Lenin e dalla sua convinzione che la coscienza di classe non potesse realizzarsi spontaneamente ma solo guidata dalla leadership. Passando, naturalmente, dalla messa fuori legge dei menscevichi da parte dei bolscevichi un anno prima dell’avvento di Stalin. Insomma, il comunismo non è mai stato democratico tanto che il fascismo in Italia è stato sconfitto principalmente dagli Alleati, ma anche da una maggioranza di partigiani (escludendo pure quelli della venticinquesima ora) che combattevano al motto di “Viva la libertà! Viva Stalin!” e che non presero troppo di buon grado il modello di democrazia occidentale che si affermò in Italia dopo il ventennio fascista. LE RADICI RECISE Tutto questo solo per ricordare brevemente quali siano le radici dei sedicenti democratici di oggi. Si dice che in Italia non si sia mai avviata seriamente, come in Germania, una riflessione sul passato fascista del Paese. Certo, purtroppo però non si è mai avviata neppure una seria riflessione sulle radici antidemocratiche della Sinistra. Al liceo il professore insegnava che per Marx la dittatura del proletariato era una metafora. E questa mancata analisi ci porta oggi ad un punto nodale: la crisi democratica e la sospensione delle libertà. La Sinistra ha reciso prima le sue radici populiste, quelle che affondavano nella Sinistra russa pre-sovietica e che mettevano al centro del suo pensiero il popolo, appunto, e non l’intellighenzia e la leadership politica, per poi recidere anche le radici sovraniste. Ricordate il Che Guevara de “Patria o muerte!”? Qualcuno forse ricorderà anche che il PCI era anti-atlantista e la Sinistra Alternativa ed extraparlamentare era no-global. Il testo di riferimento degli anni 2000 era Impero, di Toni Negri, dove ad esempio vi si legge: “Il concetto di Impero è caratterizzato, soprattutto, dalla mancanza di confini: il potere dell'Impero non ha limiti. In primo luogo, allora, il concetto di Impero indica un regime che di fatto si estende all'intero pianeta, o che dirige l'intero mondo «civilizzato». Nessun confine territoriale limita il suo regno. In secondo luogo, il concetto di Impero non rimanda a un regime storicamente determinato che trae la propria origine da una conquista ma, piuttosto, a un ordine che, sospendendo la storia, cristallizza l'ordine attuale delle cose per l'eternità. Dal punto di vista dell'Impero questo è, a un tempo, il modo in cui le cose andranno per sempre e il modo in cui sono sempre state concepite. In altri termini, l'Impero non rappresenta il suo potere come un momento storicamente transitorio, bensì come un regime che non possiede limiti temporali e che, in tal senso, si trova al di fuori della storia o alla sua fine. In terzo luogo, il potere dell'Impero agisce su tutti i livelli dell'ordine sociale, penetrando nelle sue profondità. L'Impero non solo amministra un territorio e una popolazione, ma vuole creare il mondo reale in cui abita. Non si limita a regolare le interazioni umane, ma cerca di dominare direttamente la natura umana. L'oggetto del suo potere è la totalità della vita sociale; in tal modo, l'Impero costituisce la forma paradigmatica del biopotere. Infine, benché l'agire effettivo dell'Impero sia continuamente immerso nel sangue, il suo concetto è consacrato alla pace - una pace perpetua e universale fuori dalla storia.” LA MUTAZIONE GENETICA In sostanza la Sinistra, dopo il 2000, ha accelerato il processo di mutazione genetica passando dall’essere populista e antiglobalista a radical-chic e globalista. Dopo gli scontri del G8 di Genova ha letteralmente fatto il salto della barricata abbracciando le istanze del capitalismo a partire dalla teoria di un mondo senza confini (idea priva di fondamento sia storico che biologico, ma compatibile col disegno dell’Impero) dove le masse proletarie si possono muovere liberamente e possibilmente per essere sfruttate (ci pagano le pensioni e fanno lavori che noi non vogliamo più fare). Quindi oggi per la Sinistra, o quel che ne rimane, il sistema capitalista non va più abbattuto e superato, e neppure riformato, ma va conservato attraverso lo sfruttamento dei più deboli: le masse migranti da mettere in competizione diretta con le fasce più deboli della società. Dunque, la Sinistra è diventata liberale? No, e qui sta il vero problema! La Sinistra si è trasformata, ma in qualcosa di nuovo. Se per i liberali lo stato si deve ispirare al minimalismo etico, ecco che invece la Sinistra ha interiorizzato le istanze del capitalismo ma nella cornice del pensiero dello stato etico hegeliano che sta alla base sia del comunismo che del fascismo e delle teocrazie. Lo stato è fonte morale ed educa l’individuo, fondamentalmente concepito come un bambino incapace di intendere e volere, indicandogli, come un padre, la retta via: ciò che è bene e ciò che è male. È il modello della Cina moderna: comunista e capitalista al tempo stesso. Per la Sinistra, nel frattempo sedicente democratica, dunque l’individuo continua a non essere il centro dell’interesse. La sua libertà va condizionata. Subordinata ad un bene superiore e collettivo. Una delle massime che ultimamente vanno più in voga è la storpiatura della citazione di Martin Luther King: “La tua libertà finisce dove inizia quella degli altri”. Una frase che è un puro obbrobrio. In realtà il reverendo militante dei diritti civili degli Afroamericani disse una cosa molto diversa, ovvero: “La mia libertà finisce dove comincia la vostra”. E si riferiva chiaramente, in modo critico, al sistema di apartheid che discriminava la sua gente e che vigeva in Usa ancora negli anni ’60. Per il pensiero liberale, invece, ognuno deve mantenere la possibilità di esercitare la propria libertà senza che qualcuno gli imponga di pensare o fare cose che lui non condivide. Punto. Più ampia è la libertà goduta dal singolo individuo e maggiore è la libertà di tutta la società, che è la comunità degli individui, non un’entità superiore. La dittatura della maggioranza rimane un abominio che nulla ha a che fare con la democrazia. Si dirà: “Ma la Sinistra, o meglio, il pensiero unico politicamente corretto in cui si è declinata nell’ultimo ventennio facendo prendere forma a forze politiche quali il Partito Democratico italiano e il renzismo, il macronismo francese e le varie formazioni europeiste sparse per il continente, sono sempre in prima linea per la difesa dei diritti!” No! Non è così! Promuovono i diritti LGBT, quelli dell’immigrazione senza regole, divorzio ed aborto, sicuramente cavalli di battaglia di colore opposto della destra conservatrice. Condividono queste istanze con i liberali storici. Ma si fermano lì. Non lo fanno perché riconoscono come primari i diritti individuali, bensì perché mirano alla nuclearizzazione della società, minando alla base la famiglia che si frappone fra l’individuo e lo Stato, o meglio, l’Impero. Basti pensare, infatti, alle posizioni relative alla pornografia o alla libertà di espressione. La pornografia è vietata in tutte le dittature di qualsiasi colore politico e di certo non è ben vista dal pensiero unico politicamente corretto che infiltrato di “femminismo paternalista”, come lo definisco io (ovvero quel femminismo etico e non libertario e di stampo catto-comunista, in Italia maggioritario), è ossessionato dal corpo della danna e dai relativi impulsi censori come lo sono i preti della dottrina cattolica. Lo spiega bene Pietro Adamo nel suo libro “La pornografia e i suoi nemici”: “La critica femminista al porno rappresenta una sfida interessante per tutti coloro che avversano (quasi) ogni censura in nome del principio della libertà d’espressione e dell’ideale della società aperta.”. Ma la libertà di espressione non si limita certo alla sola pornografia che ne rappresenta solo l’estrema avanguardia. La libertà di espressione passa anche dai social network dove le masse hanno scoperto di poter esprimersi liberamente arrivando a criticare aspramente i leader politici come mai avevano sperimentato di poter fare prima. Fino ad arrivare al vero e proprio insulto. E si badi bene, l’insulto ad un leader politico, ad un personaggio pubblico, nel diritto occidentale è ben codificato nella sua liceità. Negli ultimi due anni questa libertà di espressione ha però subito una serie di attacchi senza precedenti. In Italia hanno introdotto la Commissione Segre sull’hate speech. La Sinistra che per mezzo secolo ha usato l’odio della piazza e l’insulto come consueto strumento di lotta politica oggi, non riuscendo ad infiltrare i social network, cerca di controllarli e censurarli ribaltando ancora il paradigma. Come un Grande Fratello orwelliano o come ne Il Mondo Nuovo di Huxley si vuole ora abolire il sentimento umano dell’odio. Anche qui inutile ricordare che oltre dieci anni fa fu Berlusconi a coniare lo slogan del Partito dell’Amore (la destra) contro il Partito dell’Odio (la sinistra). Lo fece dopo essersi preso in fronte una statuetta del duomo di Milano lanciatagli da un invasato, a suo dire, armato dal clima d’odio innescato dalla Sinistra. Gli insulti a Berlusconi erano comunque all’ordine del giorno: l’immancabile “fascista”, ovviamente, ma anche “nano puttaniere” (come amava definito uno degli attuali membri della segreteria del Pd altoatesino). Poi sappiamo, in effetti, come finì la storia del Partito dell’Amore, tra bunga bunga e olgettine. IL POTERE DELLE MULTINAZIONALI NELL’IMPERO Ma più delle commissioni politiche buoniste partorite dai sedicenti democratici nostrani, per la censura sono risultati molto più efficaci gli interventi diretti delle multinazionali americane ovviamente accolti dal democratico plauso radical-chic. Negli ultimi mesi, Twitter e Facebook, che hanno il quasi monopolio dei social network occidentali, con decisioni gravissime e senza precedenti, si sono messi a censurare addirittura il presidente degli Stati Uniti. Prima gli censuravano i messaggi dove semplicemente sosteneva di essere guarito dal covid e dunque di essere immune (cosa non solo relativa al suo personale stato di salute ma, a mio avvio fuori discussione) e, in un crescendo autoritario, sono arrivati a bannarlo definitivamente dalle piattaforme. Secondo l’insindacabile giudizio delle multinazionali americane il presidente in carica non ha più diritto di parola. E così non ha diritto di esistere più neppure il social network Parler la cui applicazione è stata rimossa dagli store di Google ed Apple e i cui server sono stati “spenti” da Amazon. La colpa di Parler è quella di essere stata scelta dai sostenitori di Trump come alternativa a Facebook e Twitter. La censura delle multinazionali contro il presidente americano segue di pochi mesi l’avvio di una campagna di repulisti contro le fakenews e l’hate speech. Va qui necessariamente ricordato che i più grandi divulgatori di fake news rimangono i governi e i media mainstream come riportano da sempre tutti i manuali di sociologia e scienze della comunicazione, almeno fino a quando non verranno orwellianamente riscritti. La post-verità, altro termine di cui è stato completamente riscritta la definizione, oggi è che le fake news sono prodotte su internet, dal basso. Mentre sappiamo che la realtà è esattamente il contrario: in prevalenza vengono prodotte dall’alto verso il basso della piramide sociale. Solo ad esempio, una delle più grandi e devastanti fake news della storia è stata quella delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. E non è certo nata su internet. È stata mossa una guerra sulla base di quella bufala. Oggi come fake news vengono bollate non solo le notizie dei brogli elettorali americani (che peraltro ci sono sempre stati, dall’elezione di Bush Jr. che ha probabilmente frodato Al Gore in Florida nel 2000, alle primarie tra la Clinton e Sanders nel 2016, dove al candidato socialista venivano sottratti voti e delegati come caramelle ai bambini, come spiega bene- dal minuto 42- il bel documentario di Michael Moore Fahrenheit 11/9) ma anche tutte le notizie e i post critici sulle politiche di contrasto al covid19 e sui vaccini. Ecco dunque che, dopo i profili dei militanti e i siti di Casa Pound, vengono cancellati da Facebook tutta una serie di pagine e gruppi social free o no-vax. Ma anche gruppi social locali che trattavano genericamente di attualità come accaduto a #BolzanoinComune il più grande gruppo social operativo a Bolzano, la mia città. Cancellazioni senza preavviso e senza appello, naturalmente, perpetrate nel più totale disprezzo democratico. CPI nel frattempo è ricorsa in tribunale. Ha vinto la causa, ma i profili non sono stati ripristinati, né sono stati versati i risarcimenti decretati dalle sentenze italiane. Le multinazionali americane tendono a non rispettare le sentenze dei tribunali della periferia dell’Impero. COL COVID ABBIAMO SCIMMIOTTATO IL MODELLO CINESE A tutto quanto sopra riportato si aggiunge l’emergenza epidemica del 2020. Questa ha rappresentato all’eccellenza quel nemico esterno, fino ad ora rappresentato dal terrorismo islamico e che serve a rafforzare lo stato. La guerra contro il nemico alle porte o, ancor meglio, contro il subdolo nemico che si annida tra di noi. La vulgata mediatica ha “raccontato” (i giornalisti utilizzano proprio questo termine tecnico, parlano di “raccontare”, non di “informare”) che il virus dalla Cina è arrivato in Italia e dall’Italia ha contagiato l’intero Occidente passando dall’Europa agli Usa. L’Italia è stata vista per settimane come l’untore ufficiale dell’Occidente. Oggi noi sappiamo che il virus era già ben diffuso in Europa da mesi prima. Mentre il Premier Conte sosteneva che non avrebbe ridotto l’Italia in un lazzaretto i governatori di destra del nord, secondo il solito consolidato copione del settarismo, accusavano il governo di inerzia e si abbandonavano a sceneggiate napoletane e mascherate varie come quelle del governatore lombardo Attilio “Mascherina Kid” Fontana. Nel mentre i media amplificavano ogni starnuto di orientale registrato sul territorio nazionale contribuendo al montare del panico e dell’isteria collettiva. Tutti i leader occidentali inizialmente hanno cercato di non cedere al panico, salvo poi franare completamente: sono caduti uno dopo l’altro come birilli travolti dalla pressione delle opinioni pubbliche nazionali che chiedevano sicurezza aizzate dalle forze di opposizione. La mia convinzione è che l’Italia non abbia affatto esportato il covid, bensì abbia esportato la paura. Per controllare il panico montato abbiamo quindi fatto nostro il modello cinese di gestione dell’epidemia. Un modello di uno stato autoritario avulso dalla tradizione liberale occidentale. E questo è avvenuto forse proprio perché al governo del Paese il Partito Democratico condivide le stesse radici di stato etico. Ricordate? L’Europa ha così ceduto al panico e, con una modalità senza precedenti, sono stati sospesi i diritti individuali dei cittadini ai quali per decreto è stata tolta la libertà di movimento e il diritto al lavoro e di studio, sono stati imposti comportamenti come la “distanza sociale” (che sarebbe “distanza fisica” ma che bene descrive certe degenerazioni anche intellettuali), il coprifuoco, le mascherine, ecc. ecc. . Una democrazia liberale aveva il dovere di rispondere all’emergenza epidemica attraverso ben altri modelli di riferimento che non fossero quelli dell’autoritarismo cinese e della demagogia. Con il Covid è stato realizzato quanto non erano riusciti a fare con la strumentalizzazione del terrorismo islamico (questo un cavallo di battaglia soprattutto della destra) minando alle basi le fondamenta stesse delle nostre democrazie: la libertà e il diritto di espressione. LA DERIVA VERSO IL FASCISMO 2.0 Oggi è in atto una vera e propria deriva antidemocratica di stampo tecnocratico e scientista. Il presidente degli Stati Uniti è stato imbavagliato. I social network hanno messo in atto una radicale campagna censoria. Ai cittadini non sono più garantiti i diritti costituzionali. Tutto questo con il silenzio e il tradimento degli intellettuali come denunciato da Francesco Benozzo, con la complicità di certa sedicente intellighenzia da salotto che si è letteralmente sbrodolata addosso e di politici sedicenti democratici che con la crisi hanno finalmente mostrato il loro vero volto autoritario. Sono decine le esternazioni di stampo antidemocratico nella tv o sulla stampa italiana. Ormai non si contano quasi più. Altro che commissione Segre e hate speech sui social network! Qui abbiamo i campioni della comunicazione mainstream e i campioni della democrazia in prima linea ad esternare concetti aberranti e ad insultare i cittadini. Sì perché il disprezzo per il popolo rimane centrale nel paradigma del pensiero unico politicamente corretto. Nel film La Crisi di Coline Serrau uno splendido dialogo descrive bene questo atteggiamento radical-chic. Parafrasando: “Facile non essere razzisti se si abita al Parioli piuttosto che all’Esquilino”. È il fenomeno dell’oicofobia come definita da Alain Finkielkraut: l’odio per la casa natale, l’autorazzismo. I radical-chic amano i popoli lontani, non amano il popolo. Amano l’Umanità, è la gente che non sopportano. Lo dimostra bene il delirante monologo di Saviano a diMartedì nel 2018 dove di fatto avalla le fantomatiche teorie del piano Kalergi per la sostituzione etnica e paccottiglia simile sostenendo che gli immigrati africani arrivano al Sud in territori svuotati dall’immigrazione fungendo da nuovo sangue vitale per il territorio orfano di persone a loro volta migrate alla ricerca di migliori condizioni di vita. Non si capisce bene perché secondo Saviano bisogna assecondare questo fenomeno invece che cercare di tamponare l’emorragia di 200.000 Italiani, soprattutto giovani e soprattuto scolarizzati, costretti ad emigrare, per farli sostituire sul territorio da 200.000 Africani poco scolarizzati. Ci servono braccia al posto dei cervelli? O si tratta di un semplice autorazzismo anti-italiano? Va detto che il pensiero unico politicamente corretto è da un decennio almeno che accarezza le idee più reazionarie. Non abbiamo solo lo slogan “La tua libertà finisce dove inizia quella degli altri” che sembra uno degli slogan del Socing, ma anche “La scienza non è democratica”, bestialità con cui è diventato famoso Burioni. È il suo “miglior” contributo alla scienza. Se la scienza non è democratica e se ora a dettare le scelte politiche sono i comitati tecnico-scientifici, cosa succede? Succede che topi da laboratorio assurti a guru decidono per te e su di te per un atto di fede che tu sei stato indotto a fare per la paura che ti hanno instillato. Succede che sarai indotto a pensare che la libertà non è tua per diritto naturale, ma una gentile concessione dello Stato e in ginocchio chiederai che ti venga iniettata qualsiasi cosa per poterla riottenere quella libertà perduta o che tu sia vincolato da qualsiasi tessera o tesserino per potere tornare a circolare liberamente. L’immunologa Antonella Viola, ospite fissa della Gruber, in un post su facebook scrive: “Il coprifuoco non ha una ragione scientifica, ma serve a ricordarci che dobbiamo fare delle rinunce, che il superfluo va tagliato, che la nostra vita dovrà limitarsi all’essenziale: lavoro, scuola, relazioni affettive strette. Oggi l’unica cosa che mi sento di fare è lanciare un appello ai cittadini: diamo un senso a questi sacrifici!”. Ecco, appunto, palesarsi lo stato etico, fonte morale di insegnamento e punizioni dell’individuo. Il danno politico e culturale è gravissimo. “Quindi adesso, per molti, violare il diritto di espressione si può fare, se l'opinione vi riusciva antipatica. Violare il diritto di movimento si può fare, se chi voleva muoversi andava dove non vi piaceva andasse. Frantumare il diritto all'inviolabilità del corpo è lecito, se "quello lì" non vuole prendere la medicina che secondo voi gli fa bene. Sospendere le garanzie costituzionali si può fare, se vi dicono che c'è in giro una brutta malattia. Coinvolgere le persone in eventi contingenti, come questo ban di Trump o come la manfrina sulla "super emergenza sanitaria mammaiuto" è precisamente il metodo con cui si cancellano i diritti e le garanzie. Ti rifilano la cazzata emotiva del momento e tu strilli: "han fatto bene!", accettando che quelle manganellate siano "legittime" solo perché la ha prese qualcuno che ti stava sui coglioni. Così si è affermato il nazismo, così si è affermato il fascismo, così si sono affermate tutte le forme di dittatura colpevoli dei peggiori crimini contro l'umanità della storia. Piantatela di abboccare come ebeti: quando svaniscono diritti e garanzie, non svaniscono solo per i complottisti / i novax / gli zingari / gli immigrati / gli ebrei / metticichitipare: svaniscono per tutti, anche per te.” [Stefano Re] La tecnocrazia e lo scientismo promossi dal pensiero unico politicamente corretto non sono mai stati così forti come in questo periodo. Ma il pensiero unico politicamente corretto attraverso i suoi vari esponenti come, ad esempio Umberto Galimberti, ha già teorizzato l’abolizione del suffragio universale, come dopo la Brexit. Come si può tollerare che tutti i cittadini possano decidere su una cosa di tale portata? Fabrizio Rondolino, direttore de L’Unità, afferma “Il suffragio universale comincia a rappresentare un serio pericolo per la civiltà occidentale”. Più chiaro di così! Sempre di più sostengono che per avere diritto al voto bisogna possedere una serie di requisiti culturali. In caso contrario questo diritto deve essere negato a chi non li possiede. Il giornalista inviato in Usa del TG2 descriveva l’elettorato di Trump come “bianco e di bassa cultura”. Quello di Obama lo avrebbe definito “Afroamericano e proveniente dalle fasce più deboli della società, finalmente emancipato”. Ma un tempo il giornalista radical-chic di oggi, con meno disprezzo e probabilmente addirittura con somma reverenza, avrebbe semplicemente parlato di “classe operaia”. L’elettorato di Trump è la classe operaia (non solo quella, naturalmente, ma di quella parlava il TG2). Insomma, oggi ai radical chic il popolo fa un certo schifo. E se la Sinistra un tempo si era battuta per il suffragio universale e per l’emancipazione delle masse popolari, ecco che, scopriamo oggi, si era sbagliata. Contrordine Compagni! Aboliamolo il suffragio universale! È c’è pure chi va oltre. Non solo agli ignoranti andrebbe impedito di votare, ma non dovrebbero neppure esprimersi liberamente. La Commissione Segre serve per educare il popolo contro l’odio, ma il problema è che il popolo si esprime anche senza odio e soprattutto senza competenza sulla piazza virtuale di internet. Un’altra vulgata sta prendendo sempre più piede: nessuno dovrebbe esprimersi su argomenti che non conosce approfonditamente. Cade il ponte di Genova? È affare degli ingegneri! Si parla di obbligo vaccinale? Solo i medici possono parlarne e importi o meno la cura! E così via… In pratica nessuno avrebbe più il diritto di parlare di nulla se non del proprio lavoro o di dove andare a mangiare il fine settimana. E pensare che un tempo ci hanno fatto votare addirittura su aborto e nucleare: che abomino! Quindi, in estrema sintesi: niente più libertà di movimento, imposizione della “distanza sociale”, coprifuoco, mascherina sulla bocca, casa-lavoro, niente piccoli negozi, niente scuola, niente visita parenti, niente feste, niente sport, niente cultura e spettacoli e socialità in generale. Poi ancora, niente più libertà di espressione, niente più voto. Qualcuno, ovviamente, lo ha già teorizzato: vuoi continuare a fare figli? Non puoi farlo se non ti vaccini e se non hai un certo livello di istruzione o un certo livello di quoziente di intelligenza o di reddito. Sì, perché loro sono democratici, credono nella scienza, e non tollerano i fascisti, i negazionisti, i no-vax, i terrapiattisti e il popolo di noi ignoranti.
- Femminicidio: i dati reali smontano propaganda e fakenews istituzionali
Da qualche anno media, opinion leader ed esponenti della cosiddetta intellighenzia non fanno che lanciare appelli e denunce riguardo una presunta recrudescenza del cosiddetto femminicidio e della violenza di genere. La tesi di fondo è quella di una violenza coltivata in un humus culturale pregno di cultura patriarcale e maschilista. Il fenomeno viene letteralmente presentato ai massimi livelli anche istituzionali come “Emergenza nazionale Femminicidio”, come recitava il sottopancia di un’intervista Sky con il ministro alla Giustizia Bonafede e un’altra intervista ancora in cui si parlava addirittura di una “strage” in atto. Lungi da me sostenere che la nostra cultura sia scevra da qualsiasi forma di maschilismo e violenza. Mi permetto però di sottolineare un paio di fatti: – La violenza in generale e la violenza di genere non aumentano, ma diminuiscono; – Gli uomini uccidono le donne come le donne uccidono i bambini. Sono sicuro che queste due affermazioni faranno sobbalzare la maggior parte delle persone e ciò la dice lunga sull’informazione distorta che quotidianamente incide sulla nostra percezione della realtà. Ma andiamo con ordine. In Italia, come in Europa, dal dopoguerra ad oggi, la violenza criminale è costantemente diminuita. La società italiana degli anni ’50 era generalmente molto più insicura e dura di quella di oggi. Era, naturalmente, anche assai più maschilista. Non solo furti e rapine, ma pure le violenze domestiche contro donne e bambini sono drasticamente ridotte. Quello che aumenta sono invece le denunce e la presa di coscienza sociale di questo tipo di violenza che non viene più omertosamente tollerata. L’aumento delle denunce e la maggiore presenza mediatica restituiscono però al cittadino la percezione sbagliata di un incremento del crimine. I reati più efferati come gli omicidi, che per gravità non hanno mai subito derubricazioni e difficilmente possono non risultare nella casistica criminale, ci mostrano inequivocabilmente che la violenza della nostra società si è ridotta. Ad esempio, se nel 1992 c’erano stati in Italia 1.275 omicidi, nel 2010 si registrano appena 466. A questo fatto va aggiunta un’altra considerazione. Troppo spesso le fonti di questi articoli e di questi reportage non sono attendibili come l’Istat o il Ministero dell’Interno. I dati provengono quasi esclusivamente dall’Osservatorio dell’associazione Telefono Rosa e altre associazioni in difesa della donna che annualmente producono report basati sull’analisi dell’incidenza di certi reati sui media. Il metodo, ovviamente, non è affatto scientifico e produce risultati non già in base alla reale frequenza dei reati, ma in relazione all’esposizione mediatica degli stessi. È chiaro che più i media parlano di un fenomeno, più noi abbiamo la percezione che questo conosca una incremento reale, quando invece significa solo che tale fenomeno viene maggiormente trattato. Si entra quindi in un circolo vizioso per cui più la società viene sensibilizzata contro la violenza sulle donne, più sembrerebbe che la violenza stessa aumenti quando invece è vero il contrario. Altro metodo usato è il numero dei contatti diretti agli sportelli di aiuto. E anche qui, naturalmente, non significa che la violenza sia in aumento, ma che molte più donne escono dalla coltre del silenzio e dell’omertà. La cosa grave è che, a questi report redatti in modo così scientificamente scorretto, attingono addirittura le specifiche Commissioni Parlamentari che, infatti, alla fine producono documenti a dir poco imbarazzanti per il pressapochismo che li contraddistingue. Esemplari in questo senso le oltre 400 confuse pagine della relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, in cui si cita ben 136 volte la parola “femminicidi/o”, si continua a darne l’esatta definizione, salvo poi confondere i dati con quelli dei “semplici” omicidi di donne, senza riuscire mai a fornire il numero esatto dei veri femminicidi registrati in un anno. Relazione in cui, appunto, si cita quanto riportato dalla Casa delle donne, con la micidiale postilla “Dati raccolti sulla stampa”. Nell’ottobre del 2018, il quotidiano locale Alto Adige lancia l’allarme di Bolzano terza città di Italia per casi di violenza sulle donne. Essendo una città relativamente tranquilla e sempre al top nelle classifiche sulla vivibilità, indirettamente, il giornale faceva intendere che nel capoluogo altoatesino si registrasse un particolare odio contro il genere femminile. Altrimenti, come spiegare questa discrepanza dei dati citati? Ebbene, per chi non è completamente estraneo alla statistica e alla sociologia è chiaro che il numero di denunce non registra il numero di reati, bensì solo il numero di denunce stesse. Quindi, allo stesso modo, se a Crotone si registrano meno denunce per furto rispetto ad Asti, questo non significa affatto che i reati siano realmente minori. Paradossalmente, il dato di Bolzano, dove si denunciano più violenze sulle donne che altrove, è positivo perché, assai probabilmente, significa che la rete sociale della solidarietà contro la violenza sulle donne e la lotta a questi ignobili crimini da parte delle forze dell’ordine sono più efficaci che altrove. Come già detto sopra, la cartina di tornasole dell’omicidio – il più efferato dei reati – ci riporta come andamento una diminuzione non graduale negli anni ma proprio esponenziale, drastica. Non esiste nessun motivo che possa giustificare gli allarmismi di una recrudescenza della violenza. Questo vale appunto in generale, ma anche nello specifico della violenza di genere. Gli omicidi di donne sono un fenomeno stabile, tendenzialmente in calo qualsiasi sia l’anno preso come riferimento: oscillano fra i 160 (1998) e i 131 (2010). Non c’è bisogno di inventare cifre balzane e di firmare appelli alla creazione di “task force” ministeriali, e commissioni parlamentari, per sapere che i colpevoli vanno arrestati, perseguiti, condannati severamente. Le leggi già ci sono. Linda Laura Sabbadini, che ha diretto le indagini Istat del 2006 e anche quella del 2014 con un gruppo di donne, spiega: “Questo è il momento migliore per agire con politiche mirate e adeguate, per sostenere con forza i Centri Antiviolenza, le operatrici e operatori dei servizi anche delle forze dell’ordine e sviluppare l’educazione alle relazioni tra i generi nelle scuole, oltre a far capire che uscire dalla violenza si può e come”. Perché, rispetto all’indagine precedente, quella del 2006, “qualcosa sta cambiando. La violenza contro le donne sta diminuendo in tutte le sue forme, fisica, sessuale, psicologica anche se quella meno grave. Più donne considerano la violenza subita un reato, niente affatto ineluttabile, il che vuol dire che abbiamo segnali di maggiore consapevolezza femminile. Potrebbe essere che più donne interrompono la relazione con il violento prima che la situazione precipiti. Aumentano anche le denunce, pur sempre però una piccola percentuale, e cresce il numero di donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza. Ma aumenta la gravità della violenza e la percentuale di donne che hanno avuto paura per la loro vita e si mantiene lo zoccolo duro di stupri e femminicidi.” Una volta stabilito che non esiste alcun fenomeno di recrudescenza della violenza contro le donne, passiamo alla seconda e più dura delle affermazioni sopra riportate. Cosa significa “Gli uomini uccidono le donne come le donne uccidono i bambini”? La violenza, compresa quella di genere, è soprattutto una questione di potere. “Le donne sono più spesso vittime della violenza non perché siano meno ‘cattive’ o più ‘buone’ degli uomini, ma perché storicamente si sono sempre trovate nella situazione di debolezza. Scontano secoli di sottomissione, interiorizzata da chi la esercita e da chi la subisce.Più deboli di loro ci sono solo i figli, spesso considerati l’unico ambito su cui si esprime il loro potere. E infatti a volte le madri uccidono i figli. Anche per ‘vendicarsi’ dei mariti”, come sottolinea la filosofa Iris Murdoch. Le statistiche dell’ Ami (Associazione Matrimonialisti Italiani), che prendono in esame i dati dell’ISTAT (www.istat.it), riportano che dal 1970 al 2008 si siano consumati 378 infanticidi, con la media di circa 9,9 all’anno. Gli autori degli infanticidi (da zero a sei anni) sono nel 90% dei casi le madri. Dal 2001 al 2008, vi sono stati 58 infanticidi commessi dalle madri. Si tratta di 58 infanticidi in 7 anni, ovvero 8,28 infanticidi all’anno, ma il numero è sempre in declino (sono stati 3 nel 2010, 2 nel 2011, e 2 nel 2012), da quando è entrata in vigore la legge sul così detto parto anonimo (DPR 396/2000, art. 30, comma 2). Altre statistiche criminologiche, nello specifico del fenomeno del figlicidio, mostrano dati meno sbilanciati sulle donne. Su un totale di eventi omicidiari pari a 223, all’interno dei quali si ritrovano coinvolti 233 autori, il 45,9% sono maschi ed il 54,1% sono femmine e 258 vittime, delle quali il 51,9% sono maschi e il 48,1% sono femmine. Comunque sia, questi dati dimostrano inequivocabilmente come la violenza femminile si concentri sui bambini, essendo questi più esposti alle donne a livello temporale rispetto agli uomini (esattamente come le donne hanno una più alta possibilità di essere uccise in famiglia che da uno sconosciuto), ed essendo fisicamente più vulnerabili alla forza fisica delle stesse, cosa che generalmente non si realizza con gli uomini adulti. Le donne uccidono meno gli uomini perché sono fisicamente, non tanto moralmente o culturalmente, meno portate a farlo. Le donne uccidono maggiormente i bambini per gli stessi motivi. Le donne uccidono percentualmente più donne che uomini, sempre per gli stessi motivi. Infatti, le donne assassine uccidono nel 39% dei casi donne, e nel 61% dei casi uomini. Gli uomini assassini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini. Naturalmente, questo non significa che non ci si debba impegnare in campagne contro la violenza, che rimane fenomeno endemico e da debellare per quanto possibile, ma bisogna stare attenti agli allarmismi che direttamente o indirettamente ci spingono a credere che la nostra società stia diventando sempre più insicura e violenta quando è palesemente vero il contrario. Ma alla fine, allora, quanti sono i femminicidi veri e propri in Italia? Purtroppo, per rispondere a questa domanda, non ci si può informare sui media, neppure su quelli mainstream. Leggendo “l’Espresso”, ad esempio, la disinformazione regna sovrana e così, nell’elenco sottostante al grande titolo “Femmiicidi”, si trova pure la povera Desiree, uccisa dai suoi spacciatori, o Maria Oberhollenzer, morta a causa di una pratica erotica estrema. La postilla “donne uccise in Italia” dimostra quanto la retorica sull’argomento giochi sulla confusione dei termini e spacci tutti gli omicidi di donne per femminicidi in senso stretto. Come detto in precedenza, neppure le Commissioni Parlamentari e i dati delle associazioni sono affidabili. Rimarrebbero i dati ufficiali Istat, se non fosse per un dettaglio: anch’essi trattano in generale degli omicidi di donne e non già dei femminicidi in senso stretto. E perché mai questa carenza, vista la grande attenzione sul tema? La risposta è semplice: esattamente come per gli infanticidi, i femminicidi sono talmente pochi che per fare una statistica seria mancano numeri assoluti. Se gli omicidi di donne non superano i 150 casi l’anno, ecco che i femminicidi veri e propri – che ne sono un sottogruppo – si attestano tra i 40 e i 50 casi l’anno. A svelarcelo sono i dati (parziali, relativi ai primi 9 mesi del 2018) della Polizia di Stato. Sono stati contati 32 femminicidi, nei primi 9 mesi del 2018. Calcolando un 25% in più si potrebbe arrivare esattamente a 40. Siccome la prudenza non è mai troppa, ipotizziamone pure 50. 50 è la metà di 100. Questo significa che due morti all’anno in più o in meno determinano una variazione del +/- 4%, che sarebbe statisticamente rilevante se non si basasse, appunto, su numeri di partenza così esigui, tanto da minare alla base la validità stessa di una statistica del genere. Per intenderci, sarebbe come pretendere di fare statistiche sul numero di terremoti mortali in Italia nell’arco di un anno, o ancora, sulle vittime di incidenti stradali a Malta che, per la cronaca, nel 2013 sono aumentate incredibilmente del 100% rispetto all’anno precedente passando, infatti, da 9 a 18. Per concludere, in Italia, non esiste alcuna “emergenza nazionale femminicidio”. I femminicidi sono ai minimi storici in Italia e nel mondo. Hanno raggiunto una quota talmente irrisoria da risultare quasi residuale. Dovremmo porci come esempio, invece ci autoflagelliamo e ci presentiamo a noi stessi e al mondo come un’eccezione negativa. È veramente paradossale. P.S: dopo la biografia dell’autore, i lettori troveranno tutti i link bibliografici a supporto delle tesi suggerite nell’articolo. Andreas Perugini articolo pubblicato da ildetonatore.it il 14/10/2020 https://www.ildetonatore.it/2020/10/14/lindagine-femminicidio-e-infanticidio-i-dati-reali-contro-la-propaganda-di-andreas-perugini/?fbclid=IwAR0-eN9pMishRT3Hu_NRYVoxdvM5_7FRGjm_t9moAAoAAe05gZIjZNhV6qs
- Oltre la retorica del femminicidio
Mattarella, sempre meno lucido, se ne esce con la frase che la violenza contro le donne è “un'aperta violazione dei diritti umani”, come se questa in Italia fosse istituzionale. Che senso ha un’affermazione di questo genere? I diritti umani sono una concezione politica-filosofica che fa riferimento giuridico alle costituzioni moderne. Nessuno parla di “violazione dei diritti umani” di fronte ai dati sulla criminalità. Al massimo se ne potrebbe parlare di fronte alla repressione poliziesca spiccia della criminalità. Partiamo dal presupposto che ormai quando si parla di violenza contro le donne si parla di femminicidi e in questi vengono conteggiati tutti gli omicidi di donne comprese ad es. quelle morte durante una rapina, tanto per inquinare l’informazione. I dati sono comunque i seguenti: dal 2000 al 2022 gli omicidi di donne si sono quasi dimezzati. 2022 104* 2021 119 2020 116 2019 111 2018 142 2017 133 2016 149 2015 142 2014 152 2013 179 2012 157 2000 199 Dopo l’ennesima inutile commissione bicamerale appena nominata sull’argomento, dopo le deliranti affermazioni su un’inesistente “emergenza nazionale”, ecco dunque la “violazione dei diritti umani”. Non sanno più cosa inventarsi di fronte a dati statistici inconfutabili che dal 1950 ad oggi non fanno che confermare un decremento di tutti i reati violenti compresi quindi anche il femminicidio inteso in qualunque accezione si voglia e che pongono l’Italia tra i paesi meno violenti in assoluto anche nei confronti delle donne. qui il mio articolo scritto due anni fa. https://www.ildetonatore.it/.../lindagine-femminicidio-e.../ *dato parziale Oltre la retorica del femminicidio di Andreas Perugini su Sfero Pubblicato il November 26, 2022 alle 4:09 PM